Come il teatro mi ha salvato la vita e ha abbattuto muri… dentro

Come il teatro mi ha salvato la vita

In questi giorni di clausura forzata
immaginate una bambina chiusa nella sua timidezza
Questa è la storia della sua liberazione:
promemoria per tutti quando si tornerà all’aperto


Frequentando l’ambiente teatrale mi capita spesso di sentire la seguente associazione: “Sei un bambino/a, ragazzo/a, uomo/donna spigliato, esuberante, estroverso? Potresti fare l’attore!”

Non voglio dire che ci sia un errore in questo, sicuramente è più facile affrontare la scena per chi ha una predisposizione naturale a relazionarsi con il prossimo. Eppure, approcciarsi al teatro in modo amatoriale può essere un divertimento per una persona estroversa, ma probabilmente non potrà cambiargli la vita. 

In questi giorni in cui siete (siamo) chiusi in casa provate, invece, a immaginare una bambina chiusa non da muri di fuori,  ma da muri di dentro.

Una bambina timida, ma talmente timida che quando la sua mamma la mandava dal salumiere a comprare un etto di prosciutto, si ripeteva la frase che doveva dire cento volte, interrogandosi se fosse meglio dire “un etto” o “cento grammi”, per poi inciampare sulle parole quando arrivava il suo turno, parlando con un filo di voce e con il cuore a mille nel petto.

Sebbene un uomo che maneggia coltelli e altri oggetti affilati possa suscitare soggezione, e sebbene volendoci riflettere “prosciutto” sia una parola difficile da pronunciare, non credo che fosse quello il motivo di agitazione della bambina. Mettete però che quella bambina ha una sorella più grande (ma solo poco meno timida di lei) che ha iniziato a fare teatro a scuola, e lei per spirito di emulazione decide di voler fare anche lei quel corso. E mettiamo che a 11 anni inizi a frequentare questo corso, e che ogni martedì (il giorno del corso) viva con ansia e timore il dover leggere di fronte a tutti, e che ogni settimana pensi di voler mollare tutto.

Testardi si nasce, sarti dell’imperatore si diventa

Mettiamo però che questa bambina è sì timida, ma anche testarda… soprattutto testarda. Tiene duro e arriva allo spettacolo di fine anno, “Gli abiti nuovi dell’imperatore”, in cui deve andare in scena interpretando il ruolo del sarto. E considerate la tensione il giorno dello spettacolo, il rumore del suo cuore che batte, l’agitazione che la invade, fini a quando arriva il momento della sua prima battuta. Lì succede la magia, una scarica di elettricità le attraversa il corpo, la sua voce smette di tremare e capisce che ce la può fare ad arrivare alla fine dello spettacolo, e si può anche divertire facendolo, basta non abbassare lo sguardo sul pubblico e guardare un punto fisso, quel quadro in fondo alla stanza.

E immaginate che, anno dopo anno, a piccoli passi, impari anche ad abbassare lo sguardo, e a guardare gli spettatori dritti negli occhi. E che questa nuova abilità la riesca a portare anche fuori dal palco: a scuola, alle feste, dal temuto salumiere, e poi all’università e a lavoro. La timidezza è sempre lì, insita e inseparabile dalla sua persona, ma il teatro le ha dato un’arma da usare per controllarla quando ne ha bisogno, tenerla a bada, ricordarle che basta superare il primo ostacolo, la prima scossa elettrica, e poi ci si può godere il viaggio.

Cosa ne sarebbe stato di quella bambina se non avesse incontrato il teatro? A me piace pensare che il teatro, in qualche modo, le abbia salvato la vita. 

Monica Vitali

Nata a Palermo, arriva a Milano cercando la nebbia. Rimane lì dal 2010 ancora in attesa di trovarla. Rispettabile ricercatrice in ingegneria informatica di giorno, nel tempo libero si diletta nello sfogare le sue personalità represse chiamandolo "recitazione" per dargli un'apparenza più chic. Le piace l'ordine (soprattutto quello mentale), camminare a piedi nudi (soprattutto sulla sabbia), ridere con gli amici. E... "No, non riparo computer."