Letture da spiaggia (dopo il naufragio)

Letture da spiaggia

Se c’è una lezione chiara da imparare da questa situazione è che siamo tutti nella stessa barca e che non esistono muri alti abbastanza da proteggerci dall’altro. E che, forse, abbiamo sbagliato a dare un volto al nostro “nemico” nel passato.

A Lampedusa un pescatore mi aveva detto «Sai che pesce è tornato? Le spigole.» Poi si era addumato* una sigaretta e se l’era svampata tutta in silenzio. «E sai perché le spigole sono tornate in mare? Sai di cosa si nutrono? Ecco».

Inizia così Appunti per un naufragio di Davide Enia (Palermo, 1974).

Un racconto, una testimonianza di quello che succede, ormai da anni, attraverso gli occhi e le parole di chi quell’isola dimenticata in mezzo al mediterraneo la vive ogni giorno. Lampedusa e gli sbarchi, raccontati dagli abitanti, dai soccorritori, dagli operatori che continuamente vedono arrivare coloro che noi, per semplicità e per non farci coinvolgere troppo, chiamiamo clandestini, ma che sono uomini e donne e bambini, con storie impensabili a chi ha sempre vissuto dall’altra parte del mare. Storie di soccorritori che devono fare scelte di vita e di morte, storie di pescatori che si ritrovano a tentare di salvare uomini invece che tirare su pesci. Un racconto a tratti difficile da assorbire, a tratti leggero e spensierato, come alla fine è la vita anche nei momenti più disperati. 

Quando ho aperto il libro per la prima volta ero appollaiata su uno scoglio. Come sottofondo solo il rumore del mare, di QUEL mare, il Mediterraneo solo un po’ più a nord. Queste prime parole mi hanno colpita come un pugno dritto allo stomaco. Era bastata una frase per mettere ordine, per distinguere tra quello che davvero conta e le parole vuote che continuavo a sentire e a leggere sull’argomento. Non c’era davvero niente altro da dire. Ecco.

Appunti per un naufragio è il primo atto di un percorso.

Libro pluripremiato, è diventato uno spettacolo teatrale, L’Abisso, scritto e interpretato dallo stesso Enia e vincitore del prestigioso Premio Ubu 2019 per il “migliore nuovo testo italiano o scrittura drammaturgica”. Davide Enia, prima di essere scrittore di racconti, è attore e autore di teatro. Quando ho visto Enia in scena la prima volta, con Maggio ‘43 mi ha raccontato della mia città sotto i bombardamenti della guerra, bombardamenti di cui ancora porta le ferite. Eravamo a Palermo, in un teatro improvvisato che era più una stanza, e il suo modo di raccontare era talmente coinvolgente che non servivano scenografie, luci, effetti speciali. Lui parlava e tu dimenticavi dove eri. Sono passati più di dieci anni da allora. E dopo dieci anni, in un’altra città e in un altro teatro, l’ho di nuovo sentito raccontare della mia terra. Sembra che Davide Enia abbia fatto suo il monito che ogni palermitano ha letto centinaia di volte sulla facciata del Teatro Massimo:

«L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene è il diletto ove non miri a preparar l’avvenire».

Lo spettacolo stava girando l’Italia, prima che tutto questo succedesse. Probabilmente, un giorno, ricomincerà a farlo. Se vi capita, andate a vederlo anche voi. Il libro, invece, potete comprarlo e leggerlo anche adesso. Perché il mondo si è fermato, ma solo in apparenza. Certe miserie, purtroppo, nemmeno questo virus le può fermare.

*addumato: termine siciliano che vuol dire “acceso”

Monica Vitali

Nata a Palermo, arriva a Milano cercando la nebbia. Rimane lì dal 2010 ancora in attesa di trovarla. Rispettabile ricercatrice in ingegneria informatica di giorno, nel tempo libero si diletta nello sfogare le sue personalità represse chiamandolo "recitazione" per dargli un'apparenza più chic. Le piace l'ordine (soprattutto quello mentale), camminare a piedi nudi (soprattutto sulla sabbia), ridere con gli amici. E... "No, non riparo computer."