Ma se l’arte è un paio di occhiali sul mondo… siamo noi a guardare lei o lei a guardare noi?

l'arte è un paio di occhiali sul mondo

L’immagine qui sopra rappresenta un pregevole paesaggio montano. L’opera, con un effetto prospettico notevole, mostra un laghetto di montagna da cui nasce l’emissario che, in linea retta, dirige il flusso d’acqua verso valle. Il laghetto è contornato di pini di varia altezza e l’effetto seppia usato dall’autore conferisce al cielo un aspetto plumbeo. Se fossi un vero esperto d’arte, saprei trovare certamente riferimenti a movimenti e pittori che, nella storia, hanno utilizzato stili analoghi.

Ma cosa stiamo realmente vedendo?

Beh, in effetti ciò che stiamo osservando è l’interno di una tazzina di caffè rovesciata su un lato… il cui caffè residuo e i suoi fondi si sono disposti spontaneamente, seguendo leggi fisiche precise, in un modo tale per cui l’umana pareidolia (la capacità del cervello di organizzare forme casuali in oggetti noti) si rappresenta non solo un panorama del mondo “reale” riconoscibile, ma anche una sua interpretazione artistica. Quando sappiamo che è una tazzina rovesciata, e che non c’è alcun “autore”, non possiamo più fare a meno di saperlo, e non veniamo più illusi dall’idea di trovarci di fronte al disegno di un artista (quella che non cessa, semmai, è la meraviglia del verificarsi dell’evento).

Vediamo ora la prossima immagine:

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La foto è stata scattata nel 2016 al MoMA (Museo d’Arte Moderna) di New York. Un visitatore sta a sua volta scattando una foto a una nuova opera contemporanea esibita nel museo: un paio di occhiali da intellettuale che, da terra e senza alcuna struttura protettiva (e, in effetti, senza alcun “occhio” che vede), scruta l’andare e venire dei piedi dei visitatori nel corridoio.

Vi sono indubbie metafore e significati in tutto ciò… peccato che non si trattasse una nuova opera messa in mostra dai curatori del MoMA. È accaduto che un visitatore, un giovane studente, abbia deliberatamente appoggiato i propri occhiali a terra, in un punto anonimo del corridoio, e si sia messo in disparte: dopo pochi minuti, un capannello di gente si è composto intorno alla sua “opera” ad ammirarla, commentarla e fotografarla. Il ragazzo ha dichiarato di non aver premeditato da casa il gesto, ma di averlo deciso lì per lì.

Abbiamo dunque visto due eventi che, a causa di due diversi equivoci, sono scambiati per opere d’arte quando, di fatto, non lo sono.

O, invece, lo sono? O, meglio ancora, lo sono forse “diventate”?

Non è il momento di riflettere più in generale sulla natura dell’evento artistico, o se l’Arte è in chi la genera o in chi la fruisce (magari ci torneremo, col tempo)… per ora vorrei notare una cosa: ciò che differenzia intrinsecamente i due eventi è che uno dei due è “intenzionale”. La persona che ha ribaltato la tazzina ha assistito a un evento spontaneo* e lo ha fissato in una foto, mentre lo studente al MoMA ha avuto una “intuizione” e ha quindi applicato una “intenzione” precisa, diretta alla generazione di un evento dalle caratteristiche formali esplicite.

Ma c’è un punto delicato in tutto questo: in effetti, cosa ne sappiamo delle reali intenzioni dello studente? Poteva magari avere in testa solo l’aspetto burlesco della cosa: fare cioè uno scherzo. Oppure poteva essere interessato all’aspetto di esperimento sociale, con la variabile deteriore di farlo magari solo per acquisire popolarità nei social se avesse avuto l’effetto sperato (cosa che è accaduta). Forse delle metafore artistiche che ho supposto nel paragrafo sotto la foto, a lui non importa niente e non le ha mai pensate… Ma il fatto è che io le ho rintracciate e descritte, giustificate dal contesto in cui questo è accaduto.

Quindi… sì, io credo che il ragazzo, con la sua intenzione ben orientata in un atto formale preciso, ha prodotto, di fatto, un’estemporanea opera d’arte**… anche se trovo esteticamente più “bella” la tazzina con i fondi del caffè organizzati in alberi solo grazie alle proprietà capillari dell’acqua.


NOTE:

* Tralasciamo la possibilità per cui questa persona abbia in realtà attivamente lavorato per cercare di produrre quest’effetto, magari manipolando i fondi del caffè con un cucchiaino o bagnando appositamente la parete della tazzina. Si tratta di una esemplificazione emblematica.
** “Differenza fra l’arte e la natura: se per esempio gettiamo una pietra, la pietra rimane un oggetto naturale, una pura e semplice cosa; se però conficchiamo una pietra nella terra, e la chiamiamo linga, allora la pietra, posta così in relazione al suo sostegno, diventa una costruzione intelligibile, un oggetto significante, un’opera d’arte.”  — A.K. Coomaraswamy, Il grande brivido, nota 10, pag. 77


Lorenzo Sangalli

Lorenzo Sangalli, nato a Milano molti anni prima che iniziasse il nuovo millennio, ha una genuina passione ogni forma d'Arte, in particolare quelle performative e, soprattutto, teatro e cinema. A lui piace ragionarci sopra, cercare di comprendere cosa ha a che fare l'Arte con la condizione dell'essere umano, perché farla, quale ne è la sorgente, che significati genera, qual è la vera natura e lo scopo dell'Artista... Tutte cose molto teoriche, ok, ma poi accade che, transitando dalla mente, qualcosa finisce per scendere nel profondo, a interpellarti... proprio come dovrebbe fare l'Arte, sia che tu ne usufruisca sia, a maggior ragione, se ne sei l'Artefice. Forse il Sangalli è solo uno spettatore molto attento, che ti racconta quello che riesce a intravedere nella nebbia. Abbi pazienza, con lui.