“The Big Covid Theory”: grazie Sheldon

“The Big Covid Theory”

La pandemia ha elevato a regola il sogno del nerd protagonista della nota serie tv: vietato toccarsi, un mondo fondato sulla distanza. Eppure perfino il virus ci sta insegnando nuove possibilità. Anche attraverso la fuga di un cane, un ragazzo caduto, una donna al balcone. Per un istante più vicini che se fossero abbracciati 

C’era un tempo in cui ci abbracciavamo, ci baciavamo, ci toccavamo (il resto lo lascio alla vostra variopinta fantasia, libertà di happy ending per tutti).

Oggi no, non si può più. Per il nostro e per il bene di tutti, è stata decretata la fine dei contatti fisici. E mi è venuto in mente un fisico – proprio nel senso di scienziato – il protagonista della nota seria ‘The Big Bang Theory’: Sheldon Cooper. Per chi non l’avesse mai vista, si tratta di una sitcom simile a ‘Friends’, in cui i personaggi sono tutti nerd e geek che lavorano presso il California Institute of Technology. Il loro altissimo QI ha fatto sì che per tutta la vita siano stati considerati i tipici ‘secchioni sfigati’, per cui le loro vicende mostrano ironicamente il loro particolare rapporto con il mondo circostante.

Il lavoro di Sheldon riguarda soprattutto la ricerca sulla teoria delle stringhe, il suo sogno è quello di vincere un Premio Nobel per la fisica. 

E’ abitudinario, fan di Star Trek, la sua espressione preferita è ‘Bazinga!’, che più o meno significa ‘Ti ho fregato!’, ha sempre con sé un disinfettante per le mani, odia i contatti fisici e considera il coito “un metodo confusionario e antigienico per procreare”. 

Quello che viviamo oggi, per Sheldon, sarebbe il mondo ideale; è vero, probabilmente lotterebbe per l’estensione del metro di distanza tra persone, ma troverebbe magnifico avere settimane intere in cui fosse vietato uscire ed avere relazioni con altri esseri umani, in modo da potersene stare a casa a godersi una maratona di Star Trek o di Star Wars, magari intervallata da qualche partita a Dungeons and Dragons esclusivamente con i suoi tre amici stretti. 

Sheldon adora le regole, ci si adatta con facilità e non perde occasione per divertirsi ad irrigidirle e a farle rispettare con petulante ma esilarante passione.

Troverebbe affascinanti i guanti monouso che in questi giorni ventosi svolazzano per i marciapiedi vuoti delle città e sono quasi certa che avrebbe una scorta sconfinata di mascherine sterili, probabilmente stampate a tema Uomo Ragno o Truppe Imperiali.

Guai anche solo a sfiorarlo, Sheldon: ‘Perché stai trasferendo DNA dalla tua mano alla mia? ’

Per noi italiani, invece, che senza mani addirittura non riusciamo a comunicare, ‘sta maledetta pandemia è un dramma nel dramma. Ma poi ho riflettuto che forse due-tre cose buone le ha anche portate. Intanto abbiamo imparato che l’incavo del gomito non serve solo a fare il nostro sonoro gesto dell’ombrello: oggi sappiamo, infatti, che quella zona del corpo che noi destiniamo esclusivamente all’italica azione, è anche il punto in cui dobbiamo tossire o starnutire in mancanza di fazzoletto.

Poi – incredibile ma vero – abbiamo anche imparato a fare la fila, composti, meglio degli svizzeri.

Ieri è successo un fatto, qui nel mio condominio, che forse è da mettere tra quelle due-tre cose buone che il virus ha infettato in positivo. Arriva un’ambulanza, si ferma proprio qui davanti al mio portone. Mi sale l’angoscia. Si apre il portellone e scende un’astronauta in tuta bianca, cappuccio, occhialoni e soprascarpe (era sicuramente un’astronauta con l’apostrofo perché avrà almeno avuto una coppa C sotto la zip della tuta). Nello stesso istante in cui la donna entra dal portone stringendo nella bianca mano la sua valigetta, rientra anche un ragazzo dopo la passeggiata col suo cane (grosso pastore bernese, un paio di volte m’ha fatto le feste piantandomi le unghie nelle braccia, ma va beh).

Il cane, non si sa come, si libera dal guinzaglio e inizia festosamente a saltare addosso alla donna, impedendole di muoversi.

Il ragazzo urla al cane di smetterla, il bernese se ne fotte alla grande e parte di corsa verso il cortile. Il ragazzo gli corre dietro disperato, scivola, cade disteso sul pavimento di ciottoli. Il cane lo osserva dall’estremo opposto del cortile quadrato, ormai un ring. Io assisto dal balcone, impotente. Si sarò fatto male, il tizio? E la dottoressa, che sta perdendo magari minuti preziosi per il malato da cui stava andando? Il ragazzo si rialza, anche se porta la mascherina vedo le sue pupille dilatate, leggo la paura, l’urgenza. Urlo al ragazzo, sporgendomi dal vaso del prezzemolo: ‘Ti tiro due crocchini così lo fermi?’.

Alza lo sguardo verso di me – sto al secondo piano – e ora so come deve sentirsi la Madonna quando appare ai puri di cuore. Corro a prendere una manciata abbondante di crocchini del mio cane, torno ad affacciarmi e li lancio giù a raggiera, mentre il ragazzo mi dice che ne basta uno. Ma che uno, mille, gliene lancio!

Ma aveva ragione lui, ne bastava uno: il cane lo mangia dalla mano del padrone, che immediatamente gli rimette il guinzaglio.

La donna in bianco finalmente può correre verso la scala in fondo, a fare coraggiosamente il suo lavoro. Io e il tizio ci guardiamo. Un istante sospeso e carico: ci stiamo dicendo che senza quello che sta accadendo, senza l’emergenza di curarsi gli uni degli altri, senza lo stimolo forte di ritrovarci umani, in un altro momento storico, non saremmo stati lì. Credo che i crocchini manco mi sarebbero venuti in mente, forse mi sarei fatta serenamente i fatti miei, in perfetto stile condominiale cittadino

‘Buongiorno-Buonasera’.

Lui mi dice: ‘Grazie’. Io: ‘Di niente’. Rientro in casa, mi lavo le mani, penso a Sheldon. Qualcosina – a tratti – è cambiata in meglio, mi pare. Sarà anche presto per gridare Bazinga! ma, parafrasando il titolo di un orribile film, credo che non possiamo nemmeno dire: ‘Sotto il virus, niente’.

Patricia Conti

Mezza argentina e mezza milanese, attrice, drammaturga, regista, speaker, insegnante di teatro (che grida fortissimo e usa espressioni 'colorite', ma pare che la cosa faccia ridere, quindi va beh). Da diversi anni direttrice artistica di Macro' Maudit, ruolo che include anche carico/scarico, pittura muri e arredamento del Teàter di Grigna 5 con dubbi ritrovati AMSA riattati. Musica in cuffia, si diletta col fitwalking, ma è soprattutto una scusa per fare imbarazzanti balletti all'aperto. Sa fare solo la torta al cioccolato, che però la figlia adolescente giudica 'non male', perciò, secondo la definizione del vecchio Freud, 'madre sufficientemente buona'. Ha già pensato al suo epitaffio: 'Ah, ragazzi, per quel problema, ho risolto'.